A novembre inizia la stagione epidemica legata al virus respiratorio sinciziale, il principale responsabile della bronchiolite. Sebbene si tratti di un’infezione comune, la bronchiolite da virus respiratorio sinciziale continua ad essere la causa più frequente di ricovero ospedaliero nei bambini dei primi 12 mesi di vita. A renderla rischiosa è soprattutto la scarsa diffusione di una corretta informazione, motivo per il quale la pediatra e Responsabile del Tavolo Tecnico Malattie Infettive Sip, Susanna Esposito, e alcuni suoi colleghi hanno deciso di fornire le indicazioni necessarie su come riconoscere la malattia e cosa fare qualora dovesse presentarsi.
In primo luogo è bene capire come si diffonda questo virus, responsabile di circa 3,4 milioni di ricoveri nel mondo con un’alta mortalità nei Paesi meno sviluppati. Il virus passa da una persona all’altra per via respiratoria o a seguito del contatto con le secrezioni nasali e la saliva. Per infettarsi spesso bastano le microparticelle disperse nell’aria con gli starnuti e i colpi di tosse, dato che il virus è in grado di sopravvivere per molte ore sulle superfici e si può contrarre, quindi, anche semplicemente toccando i materiali contaminati. Quasi sempre i lattanti contraggono l’infezione a causa del contatto con familiari raffreddati.
Quali sono allora le regole da rispettare per ridurre il pericolo di contagio? Susanna Esposito e gli altri colleghi pediatri ritengono che la prima arma per i bambini allattati al seno è proprio il latte materno, in quanto ricco di anticorpi che agiscono contro gli agenti infettivi, riducendo il rischio di infezioni gravi e, dunque, di ospedalizzazione. Altra regola fondamentale è quella di lavarsi le mani con acqua e sapone o un gel alcolico prima di toccare il bambino. Sarebbero buone abitudini in caso di raffreddore anche l’uso della mascherina e l’astensione da baci e contatti diretti con il viso del piccolo. In genere, il buon senso imporrebbe di tenere il bambino lontano da altri bambini o adulti con il raffreddore. Da abolire poi le sigarette in casa, che aumenterebbero il rischio di infezione, e infine disinfettare le superfici con cui il bimbo entra in contatto.
Qualora dovessero presentarsi dei sintomi, ci sono alcuni campanelli d’allarme che dovrebbero spingere l’adulto ad avvertire il pediatra. In particolare, bisogna fare attenzione a “respirazione veloce, tosse insistente, movimento delle pinne nasali, comparsa di fossetta al giugulo e rientramenti a livello sternale, respiro rumoroso o respirazione con sibilo udibile avvicinando l’orecchio alla bocca del bambino”. Un segno d’allarme è sicuramente “la comparsa di un colore violaceo delle labbra o del viso”. È opportuno chiamare il pediatra anche in caso di inappetenza, perché è il primo indicatore che il bambino sta peggiorando, scarsa reattività, sonnolenza e apnea.
In merito alle cure, Susanna Esposito e gli altri pediatri spiegano che non esistono terapie efficaci per la bronchiolite e che la terapia di supporto messa in atto in ospedale serve a mantenere un’adeguata idratazione, mentre nei casi gravi si ricorre alla ventilazione meccanica. È importante dunque incoraggiare il bambino ad assumere liquidi e a fare pasti piccoli e frequenti, ricorrendo ai lavaggi nasali con soluzione salina e all’aspirazione delle secrezioni nasali. I dottori ricordano, infine, che i farmaci come i broncodilatatori, i cortisonici e gli antibiotici non sono indicati.
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