Quale futuro vogliamo per i giovani e per la loro formazione? In questo momento così delicato e tragico per l’intera comunità internazionale, hanno sottolineato il Rettore della Luiss Andrea Prencipe e il Prorettore all’internazionalizzazione, Raffaele Marchetti, “siamo obbligati a ripensare responsabilmente ai modelli di formazione/educazione che vogliamo creare per i più giovani”.
Le attuali tensioni geopolitiche dovrebbero aiutarci a trovare il giusto equilibrio tra la stima che nutriamo nei confronti dei nostri valori fondanti e l’apertura alla diversità. Se da una parte la guerra in Ucraina, che ha inevitabilmente colpito l’intera Europa, spinge i cittadini a riaffermare gli aspetti più radicati dell’identità occidentale, dall’altra è fondamentale non estraniarsi e rimanere aperti alla diversità che da sempre popola il mondo. Tra l’individualismo valoriale e l’annullamento della propria identità “va trovato un punto di equilibrio dinamico che sappia aprirsi al mondo dall’interno di una tradizione culturale robusta”. Trovare il giusto equilibrio e aprirsi quindi a ciò che non conosciamo significa imparare a comprendere l’altro e creare i presupposti per una reale convivenza pacifica. Da qui consegue un arricchirsi costante, consolidato anche attraverso il contributo e i confronti che nascono da prospettive diverse. Tale armonia richiama l’idea di identità cosmopolita suggerita da Kwame Anthony Appiah: i cosmopoliti sono considerati “individui con una particolare propensione all’apertura nei confronti di altre tradizioni e culture”. Il concetto di cosmopolitismo, ricorda Andrea Prencipe, è capace di esaltare le singole culture senza uniformarle. Rende quindi “consapevoli delle proprie radici ma flessibili e aperti mentalmente e spiritualmente”. La ricerca dell’identità cosmopolita inizia con il percorso educativo, dalla scuola primaria fino all’università. “Crediamo fortemente – ha continuato il Rettore – che le università del nostro Paese debbano continuare nel processo di internazionalizzazione, un processo che porti i nostri studenti e le nostre studentesse a formarsi in altri Paesi, ma allo stesso tempo un processo che attragga un numero sempre maggiore di giovani stranieri per formarli attraverso il meglio dell’eccellenza scientifica e della tradizione culturale del nostro Paese”. In questo contesto la promozione dell’internazionalizzazione diventa un fattore determinante. La vicinanza con altre culture diventa un elemento prezioso per comprendere meglio gli altri e tenere presente le diverse tradizioni e i diversi stili di vita e pensieri. In che modo è possibile supportare l’internazionalizzazione? Le esperienze all’estero aiutano di fatto a potenziare e migliorare la tolleranza e l’indipendenza. Da qui la necessità di rafforzare gli accordi relativi alla mobilità studentesca, inclusi i programmi congiunti, l’assunzione di docenti internazionali, il reclutamento di studenti e studentesse provenienti dall’Europa, dal Mediterraneo, dall’Africa, dall’Asia e dall’America. Tale impegno consentirebbe di “posizionarsi in modo competitivo a livello internazionale come educatori del futuro”.
Andrea Prencipe riporta l’esempio diretto della Luiss: l’Ateneo ha recentemente confermato l’accordo trilaterale con la George Washington University e la Renmin University of China. La partnership ha consentito di attivare ACE (America, Cina, Europa), ovvero una tripla laurea in Business Administration, affinché studenti e studentesse possano continuare il percorso formativo in tre continenti, “aprirsi alle culture reciproche e prepararsi a fare business nelle tre aree economiche di maggiore rilevanza mondiale”. Nello specifico, la lettera A fa riferimento all’America, ma anche al concetto di awareness, ovvero la consapevolezza, la capacità di essere coscienti degli eventi. “Laureati e laureate ACE saranno leader consapevoli di come la diversità istituzionale modella gli ambienti globali in cui viviamo”. C sta invece per Cina e per cosmopolitismo. Studenti e studentesse potranno rapportarsi con culture diverse e lontane e sviluppare di conseguenza tolleranza e indipendenza. Infine, E sta per Europa ed entrepreneurship. L’imprenditorialità è di fatto una mentalità che non è confinata solo alle imprese, ma include anche istituzioni e società. Immergersi in altre capitali regala l’opportunità di apprezzare “le vibrazioni della cultura imprenditoriale che caratterizzano tali città”.
Un recente studio realizzato da un team di ricercatori dell’Insead, Mit e Columbia University, ricorda Andrea Prencipe, “suggerisce che esperienze multiculturali larghe aiutano i leader a comunicare in modo più competente e guidare efficacemente team multinazionali”. I futuri leader, conclude il Rettore, “devono affondare le radici nelle proprie culture e nel contempo, non essendo alberi, attraverso un viaggio permanente, proiettarsi in culture altre”.
“Viaggiare è fatale per il pregiudizio, il bigottismo e la ristrettezza mentale, e molti di noi ne hanno estremamente bisogno proprio per questo motivo. Non si possono acquisire visioni ampie, sane e caritatevoli degli uomini e delle cose vegetando in un piccolo angolo della terra per tutta la vita”, scriveva Mark Twain nel capitolo finale di “Gli Innocenti all’estero”.