Accompagnare Cassa Depositi e Prestiti nell’esercitare “un ruolo completo e radicale” nel riassetto di TIM: lo scrive Vito Gamberale, ex-CEO di TIM, in un editoriale pubblicato su “Il Sole 24 Ore” insieme a Umberto de Julio (ex-Direttore Rete Telecom Italia), Girolamo di Genova (ex-Direttore Mercato Business Telecom Italia), Piero Bergamini (ex-Direttore Mercato Retail Telecom Italia) e Roberto Pellegrini (ex-Direttore Commerciale TIM). Il messaggio è rivolto al Governo ed è stato ripreso da numerose testate e siti specializzati: tra questi “Il Sussidiario”, che ha intervistato i manager per approfondirne il punto di vista.
“Obiettivo del nostro articolo era proprio quello di stimolare una discussione, aperta, trasparente che coinvolgesse tutte le parti interessate al futuro di TIM”, così Vito Gamberale sullo scopo dell’appello: “I sindacati si sono mossi con decisione con lo sciopero del 23 febbraio, da alcuni partiti sono arrivate dichiarazioni di circostanza. Sembra che non ci sia nessuna intenzione di affrontare i problemi che affliggono, ormai da anni, non solo TIM, ma tutta l’industria delle telecomunicazioni del nostro Paese e che riguardano l’assetto complessivo del settore e la politica delle Autorità di regolamentazione”. Tra le questioni più impellenti figurano l’eccessiva concorrenza (soprattutto nel settore mobile) e l’esistenza di due reti che coprono gran parte del Paese, “caso unico a livello europeo e forse mondiale”.
Come evidenziato nell’intervista, sono cinque i soggetti principali della vicenda Telecom: il Governo nazionale, gli azionisti, i sindacati, i dipendenti e i potenziali utenti finali. Da parte del primo, sottolinea Vito Gamberale, c’è “la grande responsabilità di essersi sempre e totalmente disinteressati di Telecom Italia/TIM”, a partire “dal Governo del 1999 che favorì la ‘calata’ dei ‘capitani coraggiosi’ al secondo Governo di questa legislatura”. Il Governo Draghi, dal canto suo, “sta gestendo con raro impegno il PNRR” e “sarebbe veramente strano e contraddittorio se venisse trascurata la vicenda TIM”. L’appello è affinché il Governo riconduca “TIM a dignità di Incumbent, mantenendo servizi e reti in un’unica azienda, con la separazione funzionale della rete, come c’è nei Paesi più liberalizzati di Europa, tra cui la Francia. Tutti gli altri, tra cui Germania e Spagna, hanno la rete non separata nemmeno funzionalmente dai servizi, sempre nell’ambito della stessa società”.
Dal fronte degli azionisti, proseguono gli ex-manager di TIM, è sempre emersa invece incapacità nella gestione dell’azienda. “Ognuno ha contribuito ad affossarla ancor di più. Nessuno ha portato nulla”, sottolineano: “Adesso abbiamo avuto l’invasione dei Fondi nelle reti e nella stessa TIM. Sono soci impropri che non hanno nulla da dire e da fare in questa azienda, se non farla a fette e affossarla definitivamente”. Al contrario, è Cassa Depositi e Prestiti “l’unico soggetto oggi che può e deve esercitare il ruolo di Pivot nella ristrutturazione di TIM”. E rimarcando la necessità che ci sia ascolto verso i Sindacati da parte del Governo, Vito Gamberale e gli altri ex-TIM hanno esortato gli attuali manager “i più coraggiosi, e competenti, di loro a trovare la forza per esprimere la loro opinione, indirizzarla al Governo e alla CDP e contrastare le idee bislacche che escono dal neo-vertice di TIM”.
Nell’intervento a “Il Sussidiario” si leggono con forza i rischi di una divisione di TIM in due aziende, una di rete e una di servizi. “L’interazione è continua, tra sviluppo della rete e offerta di nuovi servizi”, spiega Vito Gamberale: “È davvero difficile vedere come possa funzionare bene un modello con due società separate, con azionisti diversi”. Si tratta di un modello “concepito più per venire incontro alle esigenze di qualche azionista – o subire una pressione regolatoria dell’Europa che non ha riscontro in altri Paesi dell’Unione – che per una chiara visione di sviluppo industriale. E di questo invece ci sarebbe oggi assoluto bisogno davanti alle sfide della trasformazione digitale”.
Quale, dunque, la proposta dell’ex-CEO di TIM e degli ex-manager? “Puntare a un diverso assetto azionario in cui il Governo, attraverso CDP, diventi l’azionista stabile, di riferimento, così come avviene in Francia con Orange e in Germania con Deutsche Telekom. E come avviene in Italia con Enel, Eni, Poste, aziende strategiche per il futuro del Paese”. L’auspicio è che “TIM entri nel piano di rilancio del Paese”, osservano in conclusione: “Ci auguriamo che le responsabilità politiche e istituzionali sappiano interpretare il loro ruolo per quest’azienda che o viene ristrutturata radicalmente o verrà distrutta completamente. L’Italia non merita questo oltraggio”.
Per leggere l’intervista completa:
https://www.ilsussidiario.net/news/tim-gamberale-e-gli-ex-manager-perche-draghi-non-fa-come-francia-e-germania-usando-cdp/2303159/