Draghi dovrebbe cercare di rilanciare la legge Madia. Ma i partiti non glielo permetteranno. È quanto sostiene l’avvocato Massimo Malvestio, intervistato nei giorni scorsi a seguito dell’ennesima sentenza di condanna per Asco Holding, società “nei fatti governata dalla Lega” che ora deve pagare circa 10 milioni di euro ai Comuni per aver attribuito un valore inferiore alle loro quote. La sconfitta della holding si traduce in un’ulteriore vittoria per Plavisgas di cui Massimo Malvestio è “socio e ispiratore”: il nucleo di azionisti privati che combatte da tempo invocando il pieno rispetto della legge Madia. E vincendo sempre fino ad ora.
A quasi cinque anni dall’approvazione infatti si può dire che si tratti di una legge “che gli enti pubblici e i partiti sembrano più impegnati ad aggirare che ad applicare”, come emerge nell’intervista: “Una prima formale applicazione c’ è stata, un po’ di società, per lo più del tutto marginali, sono state chiuse. Ci si è poi resi conto che le società a partecipazione pubblica piacciono a tutti. Piacciono ai partiti, a tutti i partiti. Appena un partito arriva in giunta, comincia a mostrare un apprezzamento del tutto nuovo per le partecipate dell’ente. Mano a mano poi che familiarizzano con la gestione, l’attaccamento diventa morboso. Anche i giudici, compresi quelli contabili, hanno dato prova di essere spesso molto comprensivi verso queste strutture”.
La vicenda Asco Holding è emblematica: “Per cinque anni siamo dovuti andare per tribunali insieme alla formidabile pattuglia di sindaci civici che sono stati gli unici ad applicare la legge”. Ma adesso, come osserva Massimo Malvestio, siamo arrivati a una nuova fase: “Non solo le società buone non sono state vendute ma è ripresa l’espansione. Asco Holding sta comprando azioni Ascopiave. Lo stesso sta accadendo in Iren. Torino e Genova stanno comprando e pagano persino premi sul prezzo di mercato. È vero che Iren è quotata e quindi la partecipazione diretta è legittima, ma non mi pare proprio che la legge Madia legittimasse la ri-espansione. I Comuni piangono il morto dicendo che non hanno denari per l’ordinaria amministrazione, ma hanno denari per comprare azioni in borsa”.
Dunque se la natura delle società a controllo pubblico dovrebbe essere quella di garantire servizi o investimenti che i privati non trovano conveniente fare ma comunque fondamentali per lo sviluppo di una comunità, oggi lo scopo sembra essere solo quello di distribuire dividendi ai Comuni e occupare posti nei CdA da parte delle seconde file dei partiti: “Di fatto è molto più facile alzare una tariffa che imporre un’imposta. I partiti hanno capito che con la gestione delle tariffe, e di un enorme patrimonio che già esiste, si possono ottenere grandi entrate per gli enti senza che nessuno protesti. Anzi: la narrazione è che gli utili sono l’effetto dell’opera di grandi manager”.
E su questo aspetto Massimo Malvestio evidenzia come si riscontrino “società pubbliche dove i manager potrebbero essere stati scelti da qualsiasi privato” mentre “in altri casi invece il limite della decenza è superato di slancio”: secondo l’avvocato non c’è niente di male nel fatto che, in società pubbliche, i manager siano di fiducia delle forze politiche ma “il problema è che ci sono partecipate dove il presidente ha come tratto saliente del curriculum l’avere fatto tanti anni l’autista al segretario del partito”. L’alternativa tra il controllo dei partiti e le privatizzazioni può dunque essere rappresentato dalla Madia, una “ottima legge” che meriterebbe oggi “una rivitalizzazione”.
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