Lo smart working, o lavoro agile, è entrato con prepotenza nella vita di milioni di italiani come la soluzione d’emergenza che andava a sostituirsi al lavoro in ufficio durante il periodo della quarantena. “Consentiremo solo lo svolgimento di lavoro in modalità smart working” erano state le parole del Presidente Conte nel discorso tenuto lo scorso 21 marzo 2020, in seguito alle quali la forza produttiva italiana si è congelata. Da allora l’interesse (obbligato) per questo nuovo modo di lavorare è aumentato esponenzialmente e ha portato a riconsiderare, in massa, le proprie scelte, sia da parte dei lavoratori che da parte delle stesse aziende.
A quanto pare infatti, lavorare da casa porta con sé una serie di conseguenze positive di cui a beneficiarne sono tutti, ma proprio tutti, ambiente compreso. Secondo uno studio, intitolato “Added Value of Flexible Working” realizzato dalla Development Economics, una società che si occupa di ricerche di mercato, sotto commissione del fornitore di spazi di lavoro Regus, lo smart working ridurrebbe i livelli di Co2 di circa 214 milioni di tonnellate l’anno, ovvero l’equivalente quantità di anidride carbonica sottratta dall’atmosfera da 5,5 miliardi di alberi.
Se solo si pensa che una persona, generalmente, ogni giorno impiega tra 1 ora e 1 ora e mezza nel tragitto casa-lavoro e che almeno la metà dei lavoratori si sposta in auto, calcolando una media di 20 km giornalieri per cinque giorni lavorativi a settimana, in un mese sarebbero più o meno 400 km, circa 5200 km all’anno, che ogni persona risparmierebbe in termini di acquisto di carburante e di emissioni di Co2.
Tante auto in meno per strada significherebbe molto meno traffico e di conseguenza meno inquinamento acustico, oltre che a molto meno stress. Inoltre, stando a casa propria, i lavoratori sarebbero portati a consumare quantità ridotte di plastica dato che avrebbero la possibilità di usare le proprie stoviglie.
Lavorare da casa comporterebbe anche un notevole risparmio economico sia per gli impiegati che per i datori di lavoro. Mentre un impiegato, evitando di percorrere 5200 km l’anno in un’utilitaria, risparmierebbe intorno ai 1800 euro di carburante oltre alla riduzione delle spese legate all’usura dell’auto che ovviamente avranno un’incidenza minore, le aziende potranno vantare un risparmio fino a 10mila euro all’anno per ogni dipendente. Come? Prima di tutto risparmiando le spese relative al mantenimento degli uffici: dalle spese di affitto alle tasse sugli immobili, dal riscaldamento/climatizzazione alla corrente elettrica e alla pulizia degli ambienti. Insomma, le spese di gestione del datore di lavoro calerebbero vertiginosamente andando ad influire in positivo anche sui profitti.
I benefici non sono finiti qui. Il lavoro da remoto, grazie all’eliminazione del tragitto casa-lavoro e a una maggiore flessibilità, gioverebbe all’equilibrio tra lavoro e vita privata, ridando ai lavoratori tempo prezioso da dedicare alla propria famiglia o ai propri hobby. E come emerge da diversi studi, un dipendente felice è un dipendente più produttivo. A pensarla così sono gli stessi lavoratori: secondo un sondaggio della società di servizi milanese The Innovation Group, ben 6 lavoratori su 10 sono rimasti contenti dall’esperienza e vorrebbero continuare a lavorare da casa anche in futuro.
Sebbene lo smart working esista in realtà già da un po’ e sono diverse le persone che ne usufruiscono già da tempo, fino a poco fa le aziende erano restie ad adottare questa nuova modalità principalmente per l’impossibilità di controllare le ore effettive di lavoro dei dipendenti. Attualmente la percentuale di “smart workers” è ancora alquanto bassa rispetto al numero potenziale di persone che potrebbero trasferire il proprio ufficio a casa.
Nel frattempo, in Olanda è stato istituito il bonus smart working che vedrebbe aumentare gli stipendi dei dipendenti di circa 363 euro, i quali servirebbero a coprire i costi che gli impiegati, lavorando da casa, devono sostenere a proprie spese, come la connessione a internet, la corrente elettrica e il riscaldamento, ma anche il consumo di tè, caffè e carta igienica. Sono esclusi dal calcolo computer e telefoni, perché considerati già a carico del datore di lavoro.